Uso, abuso e utopia
- giglius1958
- 6 giu 2020
- Tempo di lettura: 3 min
A una società compulsiva non si addice il concetto di uso consapevole, ma viene imposto l'abuso, dal cibo al sesso, dal potere alle piantine medicinali, che questo sistema chiama droghe.
Ma le droghe non sono altro che parti della natura di cui tutti potremmo godere con un uso consapevole e mirato… addirittura potrebbero migliorarci la qualità della vita e costruire una forma mentis liberata e libertaria adatta a “coltivare utopie”.
Ma ci sono le droghe e quindi i drogati, i malati e gente da carcerare, circolo vizioso che colpisce in basso i consumatori e premia in alto i gestori del mercato illegale. Oggi è proprio dalla scuola che partono messaggi che invogliano gli scolari, i futuri cittadini, a costruirsi non progetti di largo respiro, ma solo desideri da soddisfarsi nell'immediato con le loro “competenze capitalizzabili e spendibili velocemente nel mercato del lavoro”.
Il futuro è così compresso che sta solo a poche ore di distanza e viene fagocitato dal presente, non esistendo più. Una società compulsiva come quella odierna è composta da una minoranza che dirige e da una grande massa di automi eterodiretti inadatti a concepire una trasformazione del sistema, poiché il sistema, anche se ritenuto poco umano, viene percepito come l'unica àncora di salvataggio e solo per chi riesce ad aggrapparsi ai suoi ingranaggi: il fine giustifica qualunque mezzo.
Il potere delle piantine medicinali, dalla marijuana all'oppio al pejote, ecc. è enorme, ma deve essere consapevole e se così fosse ci sarebbe la possibilità di aprire le menti rendendole adatte a progettare un futuro con un sistema socio-economico diverso. Dovremmo però essere liberi di coltivarci in proprio le nostre piantine, usarle quando conviene e a piccole dosi, senza diventarne dipendenti, altrimenti significherebbe che non siamo in grado di avere padronanza su ciò che facciamo, cadendo nel tranello dell'uso smodato e fuori controllo.
Personalmente non credo ciecamente nelle proprietà taumaturgiche e salvifiche delle piante medicinali (droghe) dando loro più poteri di quelli che realmente hanno. Non è che se tutti si mettessero a fumare le canne domani avremo un nuovo '68, anche perché fumano in tanti, ma rivolte sociali rilevanti non se ne vedono.
Perché? Perché non siamo stati educati a usare consapevolmente, ma solo ad abusare compulsivamente rimanendo sempre più schiavi, senza la minima possibilità di liberazione. Per liberarci attraverso l'uso intelligente delle piantine dovremmo liberarci prima di altri abusi (cibo, sesso, potere...), vivere la nostra vita in modo più naturale e sobrio, avere progetti, coltivare utopie. Se provassimo a scrollarci di dosso le catene delle compulsioni di qualsiasi tipo, avremmo fatto passi da gigante nella direzione di un nuovo rapporto con noi stessi e con gli altri e potremmo anche collegarci per portare avanti un'utopia collettiva composta da tante consapevolezze unite per una futura “padronanza libertaria”, che è un ossimoro solo in apparenza perché significherebbe invece che a nessuno è stato imposto ciò che si va costruendo e che tutti partecipano al tutto, nessuno escluso.
Non vorrei, per finire, che le cosiddette droghe fossero vendute dallo stato o consumate nei coffee shop (anche se le politiche di riduzione del danno sono serie e rispettabili); vorrei che vi fosse libertà di consumo di piantine coltivate in proprio, con la cultura necessaria per conoscerne pregi e difetti, consumando consapevolmente, cioè avendo padronanza delle proprie azioni: non la ricerca dello sballo fine a se stesso (anche se lo scopo ludico ogni tanto va bene), ma un'interazione con la “medicina” affinché ci sia un miglioramento fisico e spirituale dell'individuo o gruppo che ne sta facendo uso. Ma questo sistema non può permettere che nascano l'uomo o la donna consapevoli perché sanno che se ci svegliamo dall'ipnosi mediatica collettiva ci rivolteremmo contro di esso.








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