Un invito e una speranza
- giglius1958
- 8 giu 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Cara Liberazione e caro Manifesto, vi invio questo testo non solo per farvi conoscere sinteticamente il mio pensiero politico, la mia utopia, ma perché credo che ci sia bisogno urgente di riempire di contenuti “altri” la parola comunismo, per diversificarla, dal comunismo storico del ‘900 (Stalin, Mao) che non ha liberato nessuno, ma ha continuato ad alienare e sfruttare, a comandare, a imperare, a imprigionare, a braccare, ecc.
Oltre a ciò, credo che sia determinante, dialogare con i libertari e gli anarchici, affinché si costruisca un’idea di comunismo liberato dall'autoritarismo, dal fine che giustifica i mezzi e dal culto della personalità.
Spero che invece di parlare, e far parlare i “residuati bellici” neo stalinisti dell'associazione “Marx XXI” che possono fare solo danni teorici e pratici, si potrebbe iniziare a discutere con la massima libertà, dando un contributo alla costruzione di un’utopia neo comunista e libertaria su scala mondiale dove ognuno possa portare un piccolo mattone, un pezzo di un grande puzzle, costruito dal basso e non calato, come sempre dall'alto.
Voi non avete detto nulla (perché?), ma ci potrebbe essere una quinta Internazionale: questi contributi saranno finalizzati a questa nuova “chance” che il “movimento reale che cambierà l'esistente” si potrà dare.
Hasta la victoria siempre !
La mia utopia che coniuga individualismo e comunismo - Lo so che dirò cose molto personali, che non hanno niente a che fare con il “comunismo scientifico” che personalmente rifiuto, in quanto, credo che quando si parla di relazioni tra umani organizzati in società, niente possa essere definito “scientifico in senso stretto”.
Ora mi spiego (ci provo).
L'agire e il pensare degli umani è sia razionale che (forse prevalentemente) irrazionale e quando si tenta di imbastire una teoria per un sistema sociale, si deve (purtroppo) fare i conti con questa premessa.
Lo sviluppo storico, il percorso dell'umano e dei sistemi sociali che si è dato, dall'origine ai nostri giorni, risente di questo aspetto fondamentale del suo modo di pensare- agire, che, non essendo vincolato da un'etica di giustizia sociale, ha dato sempre origine a sistemi sociali autoritari, costruiti da pochi e a loro “immagine e somiglianza”, vincolati spesso da un credo mistico o addirittura esoterico-magico (nazismo) che dava loro il potere di scrivere le “regole”, basandole sul concetto non negoziabile dell'interesse di parte.
La società costruita, invece, su un progetto di eguaglianza dettata dai “lumi” della ragione si è dimenticata (o non è riuscita) a coniugarla con il rispetto delle libertà individuali, in quanto inspirata da un concetto astratto di libertà, quella del genere umano. Tale libertà vuota di contenuti reali (l'insieme degli individui in carne ed ossa) risulta una libertà calata dall'alto, consentita, vigilata, limitata.
Infatti, nella realtà accade che più si dice di credere “nell'uomo”, più si sfruttano gli uomini in carne ed ossa; più si dice di credere nella ''libertà” e più si soffocano le libertà individuali; più si dice di difendere la “famiglia” e più si distruggono quelle vere! Sono millenni che le guerre sono ritenute portatrici di pace (si vis pacem, para bellum), purificatrici e volute da Dio (Bush, Bin Laden…). Il problema di fondo è la natura umana complessa e contraddittoria che si trova “immersa” in un sistema che ha come struttura la “piramide sociale”, come mezzo il denaro e come fine il potere (o il contrario), riesce a tirar fuori il peggio di sé. Come si può fare, quindi, per educare, cioè, tirar fuori (ex-ducere) il meglio di questa complessa natura umana?
Credo che bisognerebbe cambiare radicalmente sistema e quindi, primariamente, abbattere la piramide sociale e la lotta fratricida per la sua scalata.
Solo una società “orizzontale” potrà dare l'opportunità storica a tutti gli uomini di vivere fuori dall'avidità, dalla cupidigia, dalla competitività e dalla violenza dell'uomo sull’uomo.
E se le società piramidali sono (fino ad ora) sempre state più o meno autoritarie (sia le dittature militari, i fascismi, i cosiddetti comunismi, e le democrazie), quelle orizzontali dovranno essere libertarie, intendendo con questo termine la libera organizzazione sociale di libere comunità collegate tra loro a formare una nazione, dove costituzione e diritto non siano espressione del pensiero e della volontà di pochi, ma alla cui stesura abbiano partecipato tutti (“da ognuno secondo le sue possibilità e capacità”).
Una società che nasca con questa impostazione fondamentale, la partecipazione attiva e cosciente di tutti i cittadini alla “cosa pubblica”, implicherebbe che lo “stato”, per come l'abbiamo conosciuto nella storia, non esisterebbe più, perché, ad esempio, il parlamento diverrebbe non il luogo del potere sopra i cittadini, ma il luogo dove i “portavoce della polis” attivano la volontà popolare espressa nei “consigli” di vario ordine e grado (comandare obbedendo!).
Questa società liberata dalla scalata al potere (perché il potere essendo suddiviso tra tutti, perderebbe la sua espressione classista e autoritaria, trasformandosi in “padronanza collettiva”), faciliterebbe la “fuoriuscita” di quella parte della natura umana equa, collaborativa e solidale, che spezzerebbe le catene che imprigionano “la gioia di vivere in prima persona” e condivisa da tutti, dal manager al manovale, realizzando il sogno di Marx di lavoratore-collettivo-cooperativo, contro il soggetto sociale limitativo di “classe operaia” o ancor più limitativo e fuorviante di “tuta blu”. Da qui in poi, l'unica cosa da mescolare è individualismo e comunismo (liberato dall'autoritarismo). Certamente non esisterebbe più il classico individualismo (chiamiamolo pure “borghese”) del capitalismo, quello dell'avere, sostituito dal vitale individualismo dell'essere (sii te stesso) espresso da Oscar Wilde, con la sua forza dirompente e innovativa.
Rimangono sicuramente in piedi tante problematiche, prima di tutto, un cambiamento radicale del modo di produzione e del concetto di progresso, fino alla creazione di una vera etica di liberazione.
A questo proposito, vanno prese in seria considerazione le idee, le utopie, i progetti di tanti uomini e donne che hanno provato a pensare-agire in questa direzione: Ernesto Guevara, Ivan Illich, Guy Debort, Pasolini, Reich, Fourier, i teologi della liberazione, Daniel Guerin, Noam Chomsky, Francesco Codello…, riuniti in un puzzle di tante utopie per formarne una “meticcia” per garantire giustizia, libertà e uguaglianza a ogni individuo reale, non al genere umano in astratto.
Una società al servizio di tutti, nessuno escluso, a parte certamente coloro che coltivano ancora il “sogno” di sopraffare, escludere, sfruttare, alienare, ridurre alla dipendenza o mettere tutti a norma.
La padronanza collettiva sarà così costruita sulla base di tanti desideri individuali, ma collaborativi e amichevoli, conviviali, e se questo è solo un sogno, continuerò a sognarlo e tentare, nel mio piccolo, di realizzarlo.
PS - L'individualismo, liberato dal profitto e dal potere, divenuto collaborativo nel rispetto delle diversità (rispetto vero!) non esprimerebbe più pulsioni di morte, ma aspirazioni di vita gioiosa.
La liberazione che noi conosciamo solo come “lotta contro” diverrebbe “costruzione per” e la non violenza (vera!) diventerebbe l'anima contenuta nei mezzi usati per la costruzione della società futura di pace e benessere.
Il comunismo, liberato dal determinismo, dalla presunta scientificità e dalla “classe eletta salvifica” (una sorta di mistica religiosa) diverrebbe l'aspirazione naturale più alta che ogni individuo cosciente e libero vorrebbe realizzata. La messa in comune della proprietà e del potere azzererebbe il vincolo che ci lega (e ci obbliga) alla scelta dis-umana tra comandare e obbedire, tra possedere tutto e non godere di nulla, incamminando la specie umana su un percorso che la porterebbe verso la realizzazione della gioia di vivere organizzata societariamente.
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